Il delitto di Moltrasio (1910)

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view post Posted on 16/2/2010, 17:17
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Domenica 14 febbraio 2010 all'Archivio di Stato di Como, Gerardo Monizza, Fabio Cani, Giuseppe Battarino e Alessandra Fusco hanno rievocato il delitto di Moltrasio del 1910, quando un americano di nome Porter Charlton uccise, a Moltrasio, la moglie Mary Scott, chiuse il cadavere in una cassa e la gettò nel lago.

Gerardo Monizza ha citato come esempio della notorietà del delitto di Moltrasio il fatto che nel 1914, sul giornale satirico di Torino "Numero", si nominava l'omicida, Porter Charlton.
Ha fatto notare come sul delitto del 1910 realtà e immaginario si siano mescolati.
Ha ricordato che sulla vicenda sono stati girati un filmato documentario da una venti minuti, con il titolo Il delitto di Moltrasio, uno un poco più lungo e un film, La maschera e il volto, oggi tutti introvabili, ed è stato scritto un romanzo, In fondo al lago di Martina Vergani (1987), basato soprattutto sugli articoli del "Corriere della Sera", comunque opera di invenzione che non c'entra molto con i fatti reali.
Gli stessi giornali dei tempi, comunque, avevano dato spazio a ipotesi smentite dai fatti ("se ne inventano di tutti i colori", ha commentato il relatore). Si era anche esagerata l'importanza delle famiglie di assassino e vittima.
Ora la documentazione del tribunale è stata versata all'Archivio di Stato di Como e questo ha permesso una migliore ricostruzione dei fatti.
La pronipote di una sorella della vittima, Pamela, cantante country, sta facendo ricerche in America e tempo fa era stata anche a visitare i luoghi, mostrando marcati segni di coinvolgimento emotivo.
La signora Coccini, proprietaria di una villa a Moltrasio, aveva voluto farle dono di una foto riguardante il caso.

Fabio Cani ha ricostruito la storia sulla base dei documenti del processo conservati ora presso l'Archivio di Stato di Como.
La coppia era sposata da poco più di un mese quando il 14 aprile 1910 si imbarcò sul piroscafo Duca d'Aosta a New York. Il 28 aprile la nave arrivò a Genova. Il 29 i due erano alloggiati alla pensione Rigatti di Genova. Da Genova si mossero alla volta del lago di Como. Quindi avrebbero dovuto recarsi a Francoforte dove Charlton avrebbe dovuto lavorare in una banca americana.
Il 3 maggio erano all'hotel Barchetta. Il 5 lasciarono il Barchetta per trasferirsi al Metropol Suisse. Il 7 annunciarono l'intenzione di fermarsi per un mese - un mese e mezzo sul lago e di voler affittare un'abitazione. Attraverso un giro di mediatori arrivarono alla villetta Legnazzi di Moltrasio, dove condussero una vita molto riservata, facendosi vedere poco in giro. Molti - anche per la differenza di età che c'era tra i due - pensavano che fossero una coppia non sposata. Conobbero Konstantin Ispolatov, un russo in pensione, che fece da interprete per i due (lei parlava solo inglese e un poco di francese, lui solo inglese).
Tornarono a Como almeno due volte. Una di queste fu il 17 maggio quando cenarono al Metropol Suisse e fecero tardi, così che decisero di fermarsi all'hotel. Scoppiò un rumoroso litigio tra i due, tanto che, dopo essere stai più volte invitati a non recare disturbo, furono buttati fuori alle due di notte. Riuscirono comunque a trovare un barcaiolo disposto, a quell'ora, a riportarli a Moltrasio.
Mary Scott era un'attrice di teatro. I giornali inizialmente esagerarono definendola famosa anche se poi dovettero rettificare riconoscendo che proprio così famosa non era. Non era - come fu scritto - figlia di un impresario teatrale, ma di un imprenditore finanziario. Si cercò di scoprire quando era nata puntando le ricerche su San Francisco, ma arrivò la risposta che la donna era probabilmente nata nel Nevada intorno al 1870-1871 e che era difficile sapere di più perché nel Nevada in quegli anni non c'era uno stato civile funzionante. Ulteriori ricerche portarono comunque a scoprire che nel giornale "Country Recorder" del 13 luglio 1872 si annunciav la nascita di Mary Scott figlia di A. J. Scott. Si era sposata giovane con l'avvocato Neville Castle di San Francisco, ma ben presto si erano separati. Lei si era trasferita a New York facendo vita da artista e guadagnandosi una fama "non proprio incoraggiante". Nel 1909 avrebbe tormentato un altro avvocato per farsi sposare e mantenere (ma, avverte il relatore, il fatto è narrato da testimoni in difesa di Charlton) e, dato che lui la teneva a distanza, gli sparò a bruciapelo in un ascensore dell'hotel Waldorf Astoria di New York. Fortunatamente per l'avvocato, però, non doveva essere molto capace di maneggiare armi perché lo mancò e l'avvocato si salvò.
All'inizio del 1910 ottenne il divorzio a Nome, in Alaska, e conobbe Porter Charlton.
Porter Charlton era nato il 21 settembre 1888 a Omaha, in Nebraska. Era un impiegato di banca. Nel febbraio del 1910 conobbe Mary Scott e il 12 marzo di quell'anno si sposarono falsificando entrambe le date di nascita per fare apparire minore la differenza di età: lui si aggiunse qualche anno per arrivare a 25 e lei se ne tolse un po' scendendo a 27.
Konstantin Ispolatov, indicato anche come "Costantino il russo", esce presto da queste vicende. Accusato di complicità, viene scagionato. Era nato il 5 ottobre 1859 a San Pietroburgo ed era stato un funzionario delle poste russe. Incaricato della direzione delle poste russe a Shanghai, si era dimesso nel 1905 per motivi politici, non condividendo la politica dello zar, e si era trasferito sul lago di Como come pensionato, portando con sè 300-500 libri in tutte le lingue.
Cani ha quindi letto il verbale, molto dettagliato, del ritrovamento del baule (lungo 72 cm, largo 46 e alto 65), il 9 maggio 1910. Era presente anche il sindaco di Torno, dal momento che a Torno era scomparsa una donna, ma, vista la vittima nel baule, il sindaco concluse che non era la sua compaesana. Il modo in cui si vedeva il corpo nella cassa poteva far sembrare che fosse stato mutilato. L'apparenza ingannava, ma i giornali si impadronirono della notizia e il giorno seguente parlarono di un cadavere fatto a pezzi.
Quando fu catturato, Charlton confessò che, accecato dalla gelosia, aveva colpito quattro volte sulla testa la moglie con un mazzuolo. Disse che poi era svenuto e che, ripresosi e vedendo che la moglie era morta, preso da una sorta di delirio, l'aveva chiusa nel baule e gettata nel lago.
L'identificazione del cadavere arrivò poco prima dell'autopsia. Testimoni del paese riconobbero la donna. L'autopsia rivelò che la donna era morta per i colpi ricevuti alla testa circa tre giorni prima. Dunque erano prive di fondamento le voci che dicevano che fosse stata chiusa nel baule e gettata nel lago ancora viva.
Il relatore ha mostrato anche una cartolina dei tempi della villetta Legnazzi con la didascalia che la identifica come luogo del delitto.
Sembra che Mary Scott sia stata uccisa su una rampa di scale e che il corpo sia stato tenuto per quasi un giorno sul letto. Il 6 giugno Charlton andò all'ufficio postale per mandare a Ispolatov una lettera in cui gli diceva di non andare a casa loro perché non li avrebbe trovati. Nella notte tra il 6 e il 7 trascinò il baule fino al molo e lo gettò nel lago (in un'occasione disse di aver usato una barca, ma in un'altra disse di non averlo fatto). Il baule fu riportato a riva da pescatori che erano al Caslaccio.
In una foto che la signora Coccini ha donato alla pronipote della sorella (v. sopra), si vedono i palombari all'opera nella zona. Stavano cercadno il corpo di Charlton: all'inizio, infatti, si pensava che potesse trattarsi di un duplice omicidio e alcuni ipotizzarono che l'assassino potesse essere Ispolatov.
Porter Charlton, invece, era scappato a Genova, si era imbarcato sul piroscafo tedesco Prinzess Irene ed era sbarcato negli Stati Uniti. A Hoboken fu fermato e subito confessò il delitto, scagionando Ispolatov da ogni accusa per una presunta complicità, anche semplicemente nel trascinare la cassa. La trattativa per l'estradizione fu lunga. Il padre, Paul Charlton, era un giudice federale (a Porto Rico) e si adoperò per impedirla, ma il suo ricorso fu bocciato dalla Corte Suprema nel 1913.
Mary Scott era realmente imparentata, ma molto alla lontana, con la famiglia di William Henry Harrison, il presidente che mantenne la carica per il tempo più breve nella storia degli Stati Uniti. Comunque, la famiglia della vittima non entra mai nella storia processuale.
Ottenuta l'estradizione nel 1913, si fece portare Charlton nelle carceri di Como. I suoi avvocati chiesero l'infermità mentale. I professori Valtorta e Facciola, incaricati della perizia psichiatrica, espressero pareri discorsi. Si chiese quindi un terzo parere, decisivo, a Ferdinando Maggiotto, direttore del manicomio di Como, che si pronunciò per la capacità di intendere dell'imputato.
Alla fine del 1915 si svolse il processo. Porter Charlton fu condannato, ma, riconosciuta comunque una semiinfermità mentale, ebbe una pena molto lieve e, tenuto conto del periodo di detenzione già scontato, fu quasi subito scarcerato e tornò in America.
Cani ha osservato che, al di là della vicenda, i documenti del processo offrono uno sguardo sul turismo di allora e riferisce, come esempio, che vi si trova anche il resoconto di cosa avevano mangiato i due protagonisti della vicenda nella cena prima del delitto all'albergo Caramazza (lo raccontò Lucrezia Taroni, vedova Caramazza, proprietaria dell'albergo).

Giuseppe Battarino, magistrato, ha fatto alcune considerazioni su quanto emerge dalle carte d’archivio.
Ha fatto notare che la zona dove era stato depositato il baule ripescato non era stata interdetta al pubblico. Anzi, i documenti mostrano la presenza di molte persone che girano intorno.
Ha affermato che è una conquista il fatto che l’applicazione della legge sia vista come una scienza e che la “marmellata mediatica” che circonda i processi riporta indietro di un secolo.
Gli interrogatori dei testimoni sono molto dettagliati, anche se spesso gli interpellati si soffermano su particolari inessenziali.
Adolfo Rossignoli, il barcaiolo che riportò gli sposini a Moltrasio la notte del litigio al Metropol Suisse, racconta nei dettagli il litigio con Charlton perché questi gli aveva dato 4 lire e 65 centesimi invece delle 5 lire pattuite, ricorda come l’americano, di fronte alle sue insistenza, gli aveva strappato di mano i soldi gettandoli in una siepe. Per lui i 35 centesimi non pagati sembrano un argomento importante.
Carlo Zaccheo, direttore del Metropol Suisse, descrive minuziosamente Charlton, arrivando a notare le grinze della pelle vicino alle orecchie. Il relatore ha osservato che il fatto che la descrizione sia ascoltata e verbalizzata, invece di invitare il testimone a lasciar perdere queste minuzie e andare a fatti più concreti, indica che c’era un interesse da parte di chi svolgeva le indagini nel valutare la persona anche sotto questi aspetti. Zaccheo riferì che aveva avuto l’impressione che fosse Charlton la personalità più forte nella coppia. Altre testimonianze dissero il contrario.
Giuseppe Bassi, farmacista di Cernobbio, che ebbe un ruolo di intermediario nel far arrivare Charlton e Scott alla villetta di Moltrasio, parlò di Ispolatov, dicendo che il russo frequentava casa sua, ma che a un certo punto aveva preferito evitarlo perché tendeva a essere un po’ troppo impiccione. Gli fu anche chiesto se riteneva che Ispolatov potesse essere capace di commettere un delitto (ancora una volta una domanda che si riferiva alla personalità del soggetto più che a quello che aveva fatto) e il farmacista rispose che, al di là del fatto che lo aveva trovato fastidioso, non aveva però motivo di credere che potesse compiere azioni delittuose.
Carolina Caprani rivelò che Ispolatov le aveva lasciato la chiave di un locale dove entrambi avevano depositato oggetti di loro proprietà e aveva avuto modo di dare un’occhiata dentro i bauli del russo, scoprendo che contenevano solo libri.
La titolare della pensione Righetti di Genova, dove i due alloggiarono, ricordò che Charlton aveva discusso molto sul conto di £ 54 che gli aveva presentato. Le venne chiesto anche come i due si vestivano e come si comportavano.
Il dottor Speciale, un medico imbarcato sul Duca d’Aosta, parlò di “isteria” (una “diagnosi” classica, a quei tempi, per le donne) di Mary Scott.
Ci sono poi le perizie psichiatriche. Sembra che nel carcere di Hoboken Charlton abbia fatto apposta il matto.
Le perizie italiane mettevano in relazione il comportamento di Charlton anche con la sua nazionalità, ritenendo che il modello di vita degli Stati Uniti avesse “flagellato il sistema nervoso” delle persone.
Si valutava anche Mary Scott, ritenuta di “costituzione isterica”, alcolista, amorale.
Battarino ha quindi concluso facendo notare che nelle indagini di quel tempo si cercavano anche elementi estranei al fatto, quando invece il processo dovrebbe essere condotto come tecnici dei fatti in esame.

Alessandra Fusco, studiosa di storia del diritto, ha rammentato che tra la fine dell’ ‘800 e gli inizi del ‘900 ci furono molti casi di delitti atroci di cui resta testimonianza anche nelle carte della Corte d’Assise di Como. I giornali davano ampio risalto a queste vicende e la gente andava a vedere i processi.
La differenza con la situazione attuale è che un tempo il “processo mediatico” correva in parallelo con quello in aula, mentre ora lo precede.
Il problema del rapporto tra decisioni del tribunale e opinione pubblica era rilevante. Il verdetto della Corte d’Assise era espresso da giurati che non erano esperti di diritto e potevano essere influenzati dal modo in cui erano rese le testimonianze e da come reagiva il pubblico che assisteva al processo. Le aule erano gremite di gente che acclamava o disapprovava le affermazioni.
Charlton fu condannato a otto anni, poco per un uxoricida. Fu ritenuto colpevole, ma non visto come un mostro, anche perché gli fu riconosciuta la semiinfermità mentale.
Fusco ha citato un altro caso, del 1885, in cui un uomo di Luino che aveva ucciso la moglie per gelosia fu addirittura assolto dopo che l’avvocato era riuscito a commuovere i giurati.
La studiosa ha ricordato l’influsso della scuola positiva (il cui nome più celebre è quello di Lombroso) che metteva in rapporto le caratteristiche fisiche con quelle morali, così che all’imputato venivano misurati fronte, naso, orecchie, ecc.
L’elemento del baule gettato in acqua non è nuovo. La relatrice ha citato un caso precedente di qualche anno il delitto di Moltrasio in cui una donna fu fatta a pezzi e chiusa in un baule che fu gettato nel mare a Genova. L’assassino fu catturato anche grazie alla testimonianza di un barcaiolo che lo ricordava perché aveva fatto molte storie sul pagamento.

Fabio Cani ha ripreso la parola per leggere una lettera scritta da Konstantin Ispolatov nella quale il russo avanzava una serie di dubbi in particolare sul comportamento del farmacista di Cernobbio Giuseppe Bassi, accusandolo di aver raccontato un sacco di bugie sul suo conto. Scriveva che il farmacista aveva amicizie nella guardia di finanza, che era collaboratore del giornale “La Provincia” e amico del direttore Massuero, aggiungendo pure che “il farmacista, per quanto mi consta, è massone”. Diceva che Bassi era presente quando il baule era stato portato a riva, che era stato trovato un sottopancia per cavallo e vicino alla farmacia c’era un carrettiere.
Secondo Ispolatov le lettere a lui scritte da Charlton (una spedita e una ritrovata in un libro) dimostravano che c’era premeditazione. A suo parere il motivo non poteva essere la gelosia perché reputava che Mary Scott non fosse abbastanza bella per scatenarla e che le lettere al primo marito fossero state messe nel baule per sviare le indagini. A suo giudizio, il motivo più probabile per l’assassinio era che la donna si fosse rifiutata di prendere parte ad un’azione delittuosa. Concludeva dicendo che il farmacista e “La Provincia” cercavano di sfuggire a una discussione e ci si sarebbe dovuti domandare il perché.
 
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